23/11/07

Rai: rinviata la finction su vittima mafia

Mi chiedo: ma come è possibile che dei Magistrati dopo aver condannato un imputato non depositino entro i termini stabiliti le motivazioni di una sentenza e che la sentenza stessa venga annullata per decorrenza dei termini?

Mi sono posto questa amara domanda dopo aver letto sul Corriere della Sera del 23 Novembre l’articolo “Rai: rinviata la finction su vittima mafia” che riferisce appunto un tal episodio (all’indirizzo:http://www.corriere.it/cronache/07_novembre_23/fiction_mafia_annullata_f0564c60-99f3-11dc-aff3-0003ba99c53b.shtml a cui vi rimando).

Qualcuno che sà di diritto mi aiuti a meglio comprendere perché ho davvero un’immensa difficoltà a comprendere e sono molto preoccupato.

21/11/07

A proposito della Legge Mastella

A proposito della Legge Mastella

A proposito della legge Mastella della quale avevo parlato, inascoltato dai più, qualche tempo fà in un articolo che ripropongo:

Sul disegno di legge Mastella per meglio comprendere

Tanto per essere chiari il disegno di legge "Mastella" approvato alla camera il 19 Aprile lo trovate all’indirizzo:(http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Ddlpres&leg=15&id=00262762&offset=436&length=59016&parse=no&stampa=si).
Se avrete la pazienza di cercarlo e leggerlo credo che come dice Travaglio vi potrete un po’ preoccupare e non essere poi tanto tranquilli. “

Ecco che il nostro Ministro la risfodera: Mastella: sbagliato pubblicare tutto cio' che non ha rilevanza penale

Spero che il Senato decida presto sul ddl sulle intercettazioni perché ogni cosa che fuoriesce che tocca l'elemento processuale è una cosa ingiusta, profondamente sbagliata, fuori da ogni norma più elementare di rispetto della persona". Il ministro della Giustizia Clemente Mastella reagisce così a proposito della pubblicazione delle intercettazioni per l'inchiesta sul fallimento della Hdc di Luigi Crespi da cui risulterebbero accordi per pilotare l'informazione televisiva a favore dell'ex premier Berlusconi.”

E lo fa, guarda caso, quando i cittadini vengono informati di un ulteriore grave “fatto della politica berlusconiana”: la totale sudditanza della Rai come ci scrive con dettaglio oggi la Repubblica.

Per l’On. Mastella i cittadini non dovrebbero essere informati per fatti così gravi e semmai verranno informati dopo 10-15 anni. Tanto che fà!

Per lui bisogna sempre per primo rispettare i diritti (io li chiamerei privilegi) dei cittadini (potenti aggiungerei) e non importa che siano dei malfattori. Solo dopo i tre livelli di giudizio e se condannati i cittadini potranno essere informati!!

14/11/07

Cinque per mille stabile e senza limiti

Cinque per mille stabile e senza limiti

L'avocazione dell'indagine di De Magistris

Leggo e riporto dal sito di Ferdinando Imposimato. Non sò dire su molte considerazioni che si fanno nell'articolo ma quanto vi si riferisce mi ha proccupato. Una cosa la rammento di sicuro la pratica dell'avocazione era ormai in disuso e solo di recente si è rifatta viva:

martedì 30 ottobre 2007

L'avocazione dell'indagine di De Magistris

L'avocazione dell'indagine di De Magistris

La pratica dell'avocazione è iniziata negli anni '60.

La sottrazione del processo al sostituto Luigi De Magistris mediante avocazione riporta alla memoria analoghe pratiche in uso negli anni sessanta settanta. A quel tempo, quando il potere politico voleva liberarsi di magistrati scomodi come Gerardo D' Ambrosio o Emilio Alessandrini, ostinati nella ricerca della verità sulle trame eversive e sulle stragi , favorite all'interno delle istituzioni e dei servizi asserviti al potere, faceva ricorso a Procuratori Generali compiacenti, quasi sempre romani; costoro sollevavano inesistenti conflitti di competenza con i magistrati milanesi per sottrarre ai titolari processi scottanti e trasferirli a Roma, ove venivano regolarmente insabbiati a scapito della giustizia e della verità e a vantaggio dei colpevoli.

Anche allora lo strumento iniziale dell'imbroglio era l'avocazione: un Procuratore Generale di un processo inventato a Roma per fatti inesistenti connessi con quelli milanesi sollevava conflitto di competenza con altri PM.

Nel conflitto, complice qualche giudice in Cassazione, aveva la prevalenza sempre la magistratura romana, che una volta ricevuto il processo, lo narcotizzava o lo affidava a mani amiche che provvedevano a condurre le indagini secondo la volontà del potere e senza disturbare il manovratore. La prassi ignobile iniziò con la rapina del processo per la strage di Piazza Fontana favorita da una infausta avocazione. Il processo da Milano venne a Roma, da qui venne dirottato a Catanzaro per poi tornare a Roma, dove Vittorio Occorsio aveva imboccato la strada giusta ma fu ucciso; e, dopo oltre vent'anni di indegni balletti, ritornò nella sua sede naturale di Milano . Dove vennero rinviati a giudizio alcuni dei presunti responsabili. Nel frattempo, erano morti assassinati alcuni magistrati che avevano capito come erano andate le cose: tra questi Emilio Alessandrini e lo stesso Occorsio, assassinati, erano morti molti testimoni importanti, ed il commissario onesto di Padova che indagava sulla pista nera venne rimosso.

L'avocazione fu usata anche per la P2

La stessa procedura venne seguita a Roma per il processo contro Licio Gelli che aveva buoni rapporti con alcuni terroristi, come Paolo Aleandri, che me lo raccontò , ma anche con il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti e Francesco Cossiga, e con Vito Miceli, capo del SID (Servizio Informazione Difesa) , e con il Ministro Gaetano Stammati e tanti altri. Il processo venne sottratto al Pubblico Ministero milanese Gherardo Colombo e affidato a Roma nelle mani di chi lo insabbiò affermando che la P2 era una specie di associazione filantropica di nessun pericolo per la collettività. A quel tempo la Procura romana era notoriamente diretta da magistrati scelti da Giulio Andreotti e di sua totale fiducia.

Un freno alla pratica dell'avocazione:
l'indipendenza e imparzialità della magistratura.

Poi venne finalmente l'istituzione del Consiglio Superiore della Magistratura e la nomina dei magistrati al vertice delle Procure fu fatta nel rispetto dei meriti e con le garanzie di indipendenza e imparzialità stabilite dalla Costituzione. Nel frattempo con il nuovo codice di procedura penale del prof Giuliano Vassalli l'avocazione venne del tutto svuotata della sua portata di strumento lesivo della indipendenza dei magistrati, compresi i PM, e mantenuta solo per casi tassativi ruotanti attorno alla inerzia del magistrato del PM; se ad esempio un PM, indagando per un delitto gravissimo di corruzione o criminalità organizzata o terrorismo, non provvedeva, nonostante le prove, a iniziare l'azione penale, come era suo dovere, il Procuratore Generale interviene per sostituirsi al magistrato inerte ed insabbiatore.

Il ritorno della pratica dell'avocazione.

L'avocazione del procedimento condotto da Luigi De Magistris da parte della Procura Generale di Catanzaro ci riporta a quel triste passato e ci preoccupa enormemente: l'influenza nefasta dell'esecutivo delle inchieste giudiziarie più delicate é pesante. Viene violato il principio costituzionale della separazione dei tre poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario.

Il tentativo di Mastella di avocare l'indagine contro Prodi e Mastella.

Venendo al fatto di oggi, mentre era in corso un'indagine contro Romano Prodi e Clemente Mastella, per episodi di corruzione per miliardi di lire – che sarebbero avvenuti quando il Presidente del Consiglio era presidente della Commissione Europea- é stata dapprima avviata dal Guardasigilli Mastella una procedura con richiesta di trasferimento del De Magistris per illecito disciplinare, e poi una procedura di avocazione del procedimento da parte del Procuratore Generale. In altre parole, non essendo stato possibile sottrarre il processo a De Magistris con il trasferimento del magistrato ad altro ufficio, richiesta di fatto bocciata dal CSM, si é pensato di trasferire il processo in altre mani: costoro, solo per orientarsi , avranno bisogno di qualche anno di tempo, data la mole di materiale sequestrato dal sostituto di Catanzaro.

E dunque l'appello del Presidente della Repubblica a proseguire le indagini verrà vanificato nei fatti, con tutta la buona volontà di chi riceve gli atti.

Intanto al magistrato De Magistris non é stato possibile addebitare alcuna strumentalizzazione politica poiché in quell'affare che coinvolge Mastella e Prodi, sono stati indagati anche alcuni esponenti del centro destra come Lorenzo Cesa, segretario dell'UDC, e Giuseppe Galati e lo stesso Presidente della Giunta regionale calabra Agazio Loiero.

Qual'è l'oggetto della indagine di De Magistris ?

Ma , attenzione, quale é il fatto che é oggetto della inchiesta di De Magistris? L'appropriazione di miliardi da parte di un comitato di affari di cui avrebbero fatto parte i predetti personaggi. La stampa ci ha correttamente informato che contro gli indagati non c'erano solo i tabulati delle telefonate passate attraverso i cellulari di Prodi, ma anche la accuse di un testimone importante, un politico detenuto, ex consigliere regionale calabro, che assistette ad una telefonata fatta dal faccendiere Antonio Saladino a Romano Prodi. Durante il colloquio con Prodi si sarebbe concordato che una volta formalizzata la candidatura di Prodi come Presidente del Consiglio alle elezioni politiche del 1996, il Saladino si sarebbe messo a sua disposizione per procurargli voti, come effettivamente fece. In cambio il Saladino avrebbe avuto dal Presidente della Commissione Prodi un aiuto per ottenere i finanziamenti miliardari dell'Unione Europea per diverse iniziative avviate nella Regione Calabria attraverso i programmi. Saladino si sarebbe aggiudicato diversi appalti per milioni di lire e poi di euro senza partecipare a gare Domanda: ma come si può risollevare la Calabria dalla crisi che l'attanaglia se i soldi dell'Unione Europea, sempre più distratta ed assente, anziché finanziare opere pubbliche e private, affluiscono nelle tasche di politici di maggioranza ed opposizione? E se un magistrato che cerca di portare alla luce le frodi comunitarie viene crocifisso anche con la complicità di magistrati asserviti al potere?

Qual'è il grande imbroglio ?

Ma andiamo avanti cercando di spiegare almeno in parte questo grande imbroglio, senza attendere i tempi biblici dei processi che si sta cercando di insabbiare. L'avocazione, cioé la sottrazione del processo a De Magistris, é stata decisa per motivi infondati che sono stati criticati da Gerardo D'Ambrosio, vittima a suo tempo di clamorose avocazioni e sottrazioni di processi; ma l'avocazione é stata deplorata anche dal giurista Franco Cordero, titolare di Procedura penale alla Sapienza. D'Ambrosio ha ritenuto pretestuosa la motivazione di “incompatibilità del procedimento” che non spiega niente, ed anzi alimenta le inquietudini. L'intervento del Ministro con la richiesta di trasferimento e l'avocazione del processo, una volta fallita la manovra del trasferimento, sono intervenute, guarda caso, mentre l'indagine stava per essere conclusa. Osserva D' Ambrosio che “ l'errore” del Ministro- ma si tratta di errore o di qualcos'altro?- é stato proprio quello di promuovere l'azione disciplinare contro chi, dal giugno 2007, indagava sulla persona del Ministro. E costui solo in seguito ha disposto l'azione disciplinare: e dunque la realtà non é quella che qualcuno ci vuole propinare sulla stampa: la notizia che coinvolge il Ministro Mastella e l'ineffabile Romano Prodi, era comparsa sulla stampa fin dal giugno 2006, poiché il Ministro é intercettato sul telefono di Antonio Saladino, il grande mazzettiere di questa storia i cui contorni appaiono sempre più definiti. E dunque l'iscrizione del Ministro nel registro degli indagati , al quale sono seguite le interessate dichiarazioni di solidarietà di Prodi - ( e che doveva fare Prodi, se non solidarizzare, essendo coinvolto nello stesso affare?) non é stata la stizzosa e strumentale reazione all'inizio dell'azione disciplinare da parte del Ministro ma un atto doveroso maturato prima della richiesta di trasferimento con il procedere delle indagini. E si é voluto fare credere il contrario.

Ma chi dovrebbe indagare quando tra i responsabili del reato ipotetico risultino
il Presidente del Consiglio o i Ministri ?

Quanto al problema affrontato con grande obiettività da Franco Cordero su chi deve indagare quando tra i responsabili del reato ipotetico risultino il Presidente del Consiglio o Ministri, essendo i fatti commessi nell'esercizio delle funzioni di governo, la risposta é semplice : la legge costituzionale 16 gennaio 1989 stabilisce che “il procuratore della Repubblica, omessa ogni altra indagine” nei 15 giorni dalla notizia trasmette gli atti al collegio istituito presso il tribunale del Capoluogo del distretto competente: collegio che svolge le funzioni del Pubblico Ministero o del GIP, in questo caso le indagini “Why not” di Roma. Ma il punto di fatto non esaminato da Cordero é proprio questo: i reati sarebbero stati commessi quando Prodi era Ministro, o quando invece era, come sembra accertato, Presidente della Commissione Ministeriale, e Mastella non era ancora Ministro della giustizia per il semplice fatto che non esisteva il governo Prodi?

Stando alle intercettazioni telefoniche sull'apparecchio di Saladino ed alle dichiarazioni del collaboratore, i fatti sarebbero avvenuti fuori dall'esercizio delle funzioni ministeriali; ed allora la competenza sarebbe di De Magistris e non del collegio per i reati ministeriali, cui gli atti sono stati mandati: se fosse stato diversamente, perché Prodi e Mastella non avrebbero eccepito mai l'incompetenza del sostituto De Magistris? Il quale non si é lasciato intimidire neanche dai proiettili inviatigli da inesistenti Brigate Rosse, in sintonia con analoga intimidazione fatta ai danni del giudice Clementina Forleo. Che ha avuto il coraggio di non lasciarsi blandire da promesse di prebende e di non essere intimidita dalle minacce attuate a mezzo telefonate silenziose e proiettili di improbabili brigatisti.

Intanto lo scandalo delle scalate bancarie che sono costate frodi di miliardi di euro a milioni di risparmiatori é stato insabbiato con gioia dei responsabili che restano abbarbicati alle loro poltrone come l'edera che “lecca la scorza dell'olmo tutore” ( Cirano de Bergerac).

Gravi scandali !

In ogni caso, - diciamo la verità- ce ne sarebbe abbastanza per chiedere le dimissioni di Prodi e di un paio di Ministri per i gravissimi scandali che sono già venuti alla luce. Anche se questo ci dovesse costare un ritorno di Berlusconi: poiché se la situazione dovesse restare quella che é - con gli stessi ladroni che ci fanno vergognare di essere di sinistra,- una riscossa del centro sinistra contro Berlusconi diventerebbe ancora più difficile. Ma questo lo sa Walter Veltroni o pensa solo all'ammodernamento e alle riforme della Costituzione?

Una storia dimenticata ...

Queste vicende di De Magistris e Forleo evocano alla mia memoria la drammatica e dimenticata storia di un altro coraggioso magistrato, Giuseppa Geremia, che nel 1996 indagava sullo scandalo della Cirio Bertolli DeRica e sull'alta velocità: scandalo che denunciai inutilmente a Prodi ed alla Commissione antimafia nel 1996 dopo una inchiesta magistrale svolte dalla Criminalpol e dall'Arma dei Carabinieri su mia richiesta. Per quella inchiesta io fui sottoposto ad attacchi concentrici di destra, che chiese la mia rimozione come relatore, e di sinistra, che non mi difese. E fui isolato in Commissione e la mia relazione non venne mai discussa; e guarda caso la legislatura venne interrotta bruscamente dopo due anni senza che ce ne fosse alcuna ragione seria: ciò significa che la fine della legislatura fu dovuta alla volontà di evitare che io denunziassi in commissione antimafia i responsabili istituzionali dei fatti di collusione mafiosa negli appalti. Nei rapporti della criminalpol emerse che sugli appalti per le grandi opere pubbliche avevano indagato Falcone e Borsellino e che questa poteva essere una causa della loro morte. La mia relazione non venne discussa : i vari Violante, Ayala, Bargone mi lasciarono solo e dissero che non c'erano prove di quello che affermavo. E poi venne definitivamente affossata dopo la mia sconfitta decisa dalla camorra dei casalesi interessata ai lavori dell'Alta velocità sulla tratta Napoli-Roma. Le mie residue speranze che giustizia fosse fatta dal PM Giuseppa Geremia andarono deluse. Costei aveva scoperto, dai documenti sequestrati dalla Guardia di Finanza, che “il garante dell'Alta Velocità, intrisa di imprese di mafia e camorra, era Romano Prodi, mentre Lorenzo Necci, per coinvolgere un poco tutti quelli che contavano, inventò un comitato nodi dell'Alta Velocità composto dalla senatrice Susanna Agnelli, dal prof Carlo Maria Querci dal dott Giuseppe De Rita e dall'architetto Renzo Piano: la spesa preventivata era di 9 miliardi di lire”. Ma il collegio dei revisori dei conti fece osservazioni che non ebbero risposte. Il 25 novembre, al termine di una inchiesta serrata fondata anche sulla perizia contabile di ben 13.000 pagine svolta dal prof Renato Castaldo, il PM Geremia, con l'avallo del Procuratore Coiro, chiese il rinvio a giudizio per abuso di ufficio dell'ex Presidente del Giudizio Romano Prodi, quale ex Presidente dell'IRI. Anche allora si tenne conto del momento in cui erano stati ipotizzati i fatti di corruzione e non la qualifica attuale del presidente del Consiglio. ed il rinvio a giudizio di Carlo Saverio Lamiranda, in quanto legale rappresentante della FISVI che aveva acquistato la Cirio senza avere una lira. Ed infatti Lamiranda sarebbe stato in seguito incriminato e condannato per bancarotta e frode comunitaria. Nel frattempo il governo presieduto da Prodi approvò, con l'appoggio del Ministro della Giustizia suo difensore, una nuova legge che modificava in senso restrittivo l'abuso in atti di ufficio; ed il Presidente Prodi venne assolto perché il fatto non sussiste; ma la legge era ad personam. Ma non é finita qui.

Lo scandalo sulla TAV e Nomisma di Prodi.

L'inchiesta sulla Cirio era appena cominciata che la dottoressa Geremia subì - sarà lei stessa a raccontarmelo - insulti telefonici, minacce, chiamate silenziose ed intimidazioni ad opera di ignoti. Esattamente come é accaduto a Luigi De Magistris e a Clementina Forleo. Nel frattempo la Geremia ridà slancio alla inchiesta sull'Alta Velocità con dentro l'affare Nomisma che, secondo i magistrati di La Spezia, era stato insabbiato dal PM Giorgio Castellucci. Le minacce e gli insulti si intensificano: Geremia ha paura, ma non per sé ma per l'anziana madre con cui vive da sola. Gli ignoti vigliacchi intensificano le minacce e gli insulti. Il movente si cela- lei intuisce- in quella inchiesta scottante che toccava santuari intoccabili. La Geremia era ancora più preoccupata perché il suo telefono era noto solo ad alcuni delle istituzioni. Ella decide di denunziare la tortura cui é sottoposta al commissariato di Polizia di Piazzale Clodio. Informa il procuratore della Repubblica Michele Coiro che le dà solidarietà ed avallo. Ma una tempesta si addensa sulla testa di Coiro: il CSM lo accusa di avere rapporti con il giudice Squillante, come se il rapporto istituzionale tra Procuratore Capo e Capo dei giudici delle indagini preliminari fosse vietato dalla legge e non necessario. Sta di fatto che dopo avere raccolto lo sfogo della Geremia, Coiro é costretto a lasciare la Procura di Roma. Da segnalare che Coiro era un esponente di magistratura democratica. E viene relegato alla direzione degli uffici di detenzione e pena. Egli é stato avvertito dal Ministro della Giustizia che se non se ne andrà , sarà sottoposto ad azione disciplinare. Poco dopo Coiro morì di crepacuore. “ La sua morte – mi confidò la Geremia - é stata un duro colpo per me. Mi ha sempre lasciato libertà di azione nella inchiesta sulla Cirio. Non glielo hanno perdonato. Lo hanno costretto a lasciare la Procura di Roma sette mesi prima che andasse in pensione”.

Dopo la richiesta di rinvio a giudizio, alla udienza preliminare del 15 gennaio 1997 , il Gip Eduardo Landi decide di non decidere. E invia la decisione alla udienza del 28 febbraio 1997. Perché? Semplice! La Geremia, preoccupata dalle minacce che potevano travolgere l'anziana madre sola in casa , decide di chiedere il trasferimento in Sardegna, ma vorrebbe concludere l'inchiesta sulla Cirio: ma non le sarà consentito. La motivazione della sentenza assolutoria di Prodi, anziché essere depositata nel termine di legge del 23 gennaio 1998, giunge sul tavolo della Geremia il 9 febbraio 1998, due giorni dopo che la stessa Geremia era stata trasferita alla Procura Generale di Cagliari. E così ella non aveva potuto presentare impugnazione- così mi disse- contro l'assoluzione di Prodi.

E sullo scandalo calò un silenzio tombale, rotto solo dalla mia denunzia nel libro Corruzione ad Alta Velocità.

La storia si ripete...

Oggi si ripropongono scenari simili, e la giustizia e la verità rischiano un'ennesima sconfitta! O c'é speranza che giustizia sia fatta e che il CSM e la Procura Generale della Cassazione ristabiliscano la legalità violata?

Tetto Manager, vertice Unione

Tetto Manager, vertice Unione

Finocchiaro 'troveremo soluzione, Salvi 'cose mai viste'

(ANSA) - ROMA, 13 NOV - Riunione straordinaria della maggioranza al Senato per cercare un'intesa sulla norma che fissa un tetto agli stipendi dei manager pubblici. La decisione dopo lo scontro con l'Udeur che ha annunciato il voto contrario. ''Una soluzione ci sara', la troveremo'', assicura la capogruppo dell'Ulivo Anna Finocchiaro. Sconcertato Cesare Salvi: ''Non ho mai visto una cosa simile: un ministro che si alza per attaccare un testo uscito dalla commissione Bilancio. Altro che repubblica delle banane...''.

A questo punto Mastella se ne deve andare. Ma chi è questo signore che si aggira nel Palazzo? Un unto del signore !!!?

Avrei capito semmai una discussione sull’entità del compenso ai manager pubblici (comunque se proprio si vuol fare una cosa utile basta legare lo stipendio a risultati positivi e ci ritroveremmo manager pubblici “agratis” come si suol dire).

No così non si può andare avanti. Che si vada ad un nuovo governo magari tecnico, non importa, o che si vada ahime! a nuove elezioni subito dopo aver fatto una legge elettorale ma non se ne può più. Questo signore che risponde al nome di Mastella Clemente Ministro di Grazia e Giustizia dello Stato Italiano ripeto dello Stato italiano che idea ha del suo ruolo e quale senso ha dello Stato? Ma lo sa che in questo nostro “bel paese” i cosidetti Manager pubblici hanno ricevuto “prebende” che nessun altro paese in Europa si sognerebbe mai di elargire? Certo non è lui responsabile di ciò ma come può rifiutarsi di prendere atto di una tal “ingiustizia” perpetrata per anni?


11/11/07

Ma Perugia non è l'inferno

Leggo e riporto dal Corriere della Sera ( http://www.polare.com/news/click/-0,3644200/ ) uno splendido articolo di Beppe Severgnini nel quale l'autore fà riferimento al rischio di "cognizzazione di Perugia...."

Nel mio precedente post avevo fatto altro tipo di riflessione.

Quì mi pare che Severgnini colga in pieno un aspetto della spettacolarizzazione mediatica e dei rischi che ne possono derivare e propongo la lettura del suo articolo.

Su una espressione da lui usata "l'episodio statisticamente irrilevante..." certamente attinente per quello che di seguito si dice ho comunque qualche riserva per come potrebbe essere mal interpretata dal lettore.

la polemica

Ma Perugia non è l'inferno

La «cognizzazione» del luogo della tragedia. E anche Erasmus assume tinte fosche

Perugia, improvvisamente, appare una città perduta. Una delle "P cities" di cui andiamo fieri nel mondo - le altre sono Padova, Pavia, Parma, Piacenza, Pisa, Pistoia - diventa, di colpo, infernale. Sette secoli di università (1308) dimenticati di colpo: demoni travestiti da studenti si aggirano tra i saliscendi del centro, in cerca di trasgressioni e vittime. E' la "cognizzazione" di Perugia: un luogo fisico, a causa di una tragedia, diventa la gabbia dei nostri incubi. Il capoluogo umbro come Cogne, Novi Ligure, Erba, Garlasco. Meccanismo comprensibile, ma irrazionale: l'episodio, statisticamente irrilevante, diventa un simbolo potente. Non accade solo a Perugia. Anche Oxford, anni fa, quand'è morta una studentessa per droga, ha smesso d'essere una delle migliori università del mondo, ed è diventata una palestra di viziosi. Una Sodoma accademica, l'incubo del secolo per la settimana in corso: poi è passata. Un delitto feroce funziona come un riflettore puntato negli occhi: la luce è molta, ma si vede poco cosa accade intorno. E intorno, in una città come Perugia, accadono cose normali. I ragazzi, italiani e stranieri, si ritrovano vicino alla Fontana Maggiore, e si cercano al cellulare. La trasgressione più comune è finire a letto con una compagna di corso: cosa che avviene da qualche secolo, quando le orbite dei ventenni s'incrociano. Questa non è una difesa d'ufficio di Perugia, anche se potrebbe averne bisogno. E' un tentativo di ragionare sulla rappresentazione del mondo, in questi tempi di ansie disinformate, colorate dalla televisione, amplificate dai blog. Lo studente medio nella città universitaria media non è un pervertito. Corre meno rischi, rispetto a una grande città come Milano o Roma: se non altro, dovunque vada, può tornare a casa a piedi la sera. Ma cosa può pensare una famiglia la cui figlia diciottenne è partita per studiare a Perugia (Padova, Pavia, Parma, Piacenza, Pisa)? Penserà che la espone a rischi immensi, e probabilmente sarà tentata di tenerla vicina, rimandando il distacco, indispensabile rito di passaggio. E' vero: s'è alzata, anche in Italia, la soglia del divertimento. La sbornia rovinosa, che abbiamo sempre considerata stupida, sta diventando normale. Il sesso, per alcuni, non è più un'esplorazione emozionata, ma un eccesso da raccontare (a voce, col telefono, su internet). Le notti in bianco, fino a qualche anno un'eccezione magica, sono diventata un'abitudine sfiancante, da riempire come càpita. Tutto vero, purtroppo. Ma trent'anni fa la vita universitaria era più pericolosa: l'arroganza incosciente, spesso sfociata nel terrorismo, era endemica (lo so, c'ero). Gli assassini di Meredith sono poveri disgraziati convinti - per via chimica o isterica - d'essere superuomini. Rappresentano - sono convinto, dopo tanti viaggi, molti incontri e un po' d'insegnamento - una minoranza disastrosa. Non la norma. Ma la "cognizzazione" di Perugia spinge in direzione opposta. Le notizie s'infilano dentro una prisma che le deforma. "Raffaele Sollecito ha fatto l'Erasmus in Germania...": e anche l'Erasmus - il più saggio investimento europeo degli ultimi vent'anni, i soldi spesi meglio nella storia della UE - assume una tinta fosca. Quando la giovane Chiara - milanese o napoletana, triestina o genovese - dirà allo zio "...vado in Erasmus" , lui la guarderà ansioso. Dovrebbe invece darle un premio, qualche soldo e una pacca sulle spalle. Qualcosa del genere sta accadendo anche a Firenze, dove vivono, studiano e si divertono cinquemila studenti americani. Molti bevono troppo e male, è vero. Ma invece di sfruttare la ricchezza rappresentata da questi ragazzi - iscritti alle migliore università, si porteranno negli USA memorie e legami italiani - la loro presenza viene ignorata, nel resto d'Italia. Fino allo stupro, alla violenza, alla pessima notizia. Allora, di colpo, vediamo, sappiamo, giudichiamo tutto. Torno a Perugia mercoledì: un vecchio invito dell'Università per Stranieri, che intendo onorare. Cercherò di ricordare una frase di Henry James, che qualcuno ha saggiamente incollato su Wikipedia: " Forse farò un favore al lettore dicendogli come dovrà trascorrere una settimana a Perugia. La sua prima cura sarà di non aver fretta, di camminare dappertutto molto lentamente e senza meta e di osservare tutto quello che i suoi occhi incontreranno". Osservare, prima di giudicare. Un delitto è un episodio orrendo e sbagliato: non la prova di un destino cambiato.

10/11/07

Uno sfogo sugli ultimi fatti di sangue

C’è ormai una strana situazione. Ci sono omicidi che sono omicidi: vedi il caso del Mailat di turno…. un probabile disgraziato qualunque che, se pure non ha alcun diritto di usare violenza, e però si potrebbe pur comprendere nel gesto compiuto, invece appare come il mostro quello che dobbiamo scacciare via…..e dall’altra parte c’è invece un omicidio davvero assurdo compiuto tra gente che non ha alcun bisogno di usare violenza contro qualcuno che non ha il problema dell’alloggio o del cibo e della sopravvivenza…..Eppure questo secondo omicidio pare quasi non essersi consumato….se ne parla a bassa voce come se non fosse accaduta una cosa drammatica anzi ancor più drammatica di quella occorsa alla povera signora romana…..Una ragazzina, forse per un qualche stupido prurito sessuale o per uno strano gioco…., è stata uccisa, dico è stata uccisa ed è stata uccisa con un’arma vera. Il disgraziato che ha ucciso la signora romana non ha usato un’arma ma semmai una occasionale arma ….un sasso o forse le mani con le quali ha percosso la vittima…. mentre qui si è usata un’arma vera e propria capace di uccidere……ma questo conta poco. Da una parte c’è un disgraziato qualunque brutto, sporco e cattivo…..mentre dall’altra ci sono un’americana….l’amico italiano di buona famiglia e sì…un uomo di colore ma molto ben integrato…..che non posono essere cattivi. Da una parte un orrendo crimine e dall’altro un “giallo” che ci appassionerà ma comunque un “giallo” perché nei gialli i morti non contano; la vittima è solo una variabile per comprendere la complessità del fatto… In questa società dell’apparire anche questo conta e mentre l’uno appare un efferato omicidio l’altro non si capisce bene cosa sia come se volessimo tutti difenderci da qualcosa che può colpire tutti….che potrebbe riguardarci anche da vicino. E allora dalli al disgraziato di turno (certamente colpevole, se sarà dimostrato tale, ma già da subito colpevole di un efferato delitto) e ….stiamo attenti a cercare di capire cosa possa aver spinto ….questi giovani……oltre il consentito….ma intanto per il bene pubblico liberiamoci di tutti i “disgraziati” che potrebbero, come il povero Mailat,….macchiarsi di un altro atroce delitto… Dio come stiamo cadendo in basso. Preferiamo preoccuparci del disgraziato qualunque e non dei “bravi ragazzi” e quanti ce ne sono di bravi ragazzi…..Ma và così e allora dalli al “Rom” allo “zingaro” e chiudiamo le frontiere ..e…cacciamoli tutti e verifichiamo se quelli che vengono nel nostro paese hanno la capacità di sostentamento come se fossero turisti nel bel paese…..e cacciamoli tutti questi “zingari”….perchè così i cittadini si sentiranno finalmente protetti. E i mostri che sono con noi o che noi stessi potremmo essere? No di questi non parliamone adesso….semmai… dopo…… si vedrà.!!!

06/11/07

In memoria dello splendido giornalista Enzo Biagi

Dal quotidiano “La Repubblica (http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/cronaca/biagi-grave/editto-bulgaro/editto-bulgaro.html) :

Biagi, con Luttazzi e Santoro, nel 2002 venne accusato dal Cavaliere di "uso criminoso" della tv per una intervista a Benigni. Nel 2007 il ritorno

L'editto Bulgaro, le scuse di Berlusconi
"Rifarei tutto quello che ho fatto"

Rifiutò di partecipare a Rockpolitik nel 2005, dove lo aveva invitato Cementano per non tornare, scriveva, su Rai uno, la rete ancora diretta da chi lo aveva cacciato
di GIOVANNI GAGLIARDI

ROMA - "Berlusconi ha detto da Bucarest che ho fatto un 'uso criminoso' della tv. Dalla Rai dopo 41 anni di servizio mi hanno mandato una disdetta con la ricevuta di ritorno. Bene, rifarei tutto quello che ho fatto. Sono sempre stato dalla parte di quelli che non vincono". Così parlava del suo 'esilio' dalla televisione Enzo Biagi in una intervista al Corriere nell'agosto del 2004.
Era il 18 aprile del 2002 quando il neo presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, da Sofia, dopo una durissima campagna elettorale, puntò il dito contro Biagi, Luttazzi e Santoro, per quello che passerà alla storia come "l'editto bulgaro". "Vorrei sapere quale reato ho commesso: stupro, assassinio, rapina?" chiedeva Biagi a caldo commentando in quel giorno le affermazioni di Silvio Berlusconi. In quel momento il giornalista firmava 'Il fatto', in onda dal 1995 su Raiuno subito dopo il Tg1 con grandi risultati di ascolto. Quella sera, in diretta, Biagi disse: ''Questa potrebbe essere l'ultima puntata del Fatto dopo 814 trasmissioni, ma non tocca a lei Berlusconi licenziarmi''.
'Il Fatto' concluderà la sua storia il 31 maggio dello stesso anno. A scatenare le ire di Berlusconi fu la puntata in cui Biagi, il 10 aprile del 2001, in piena campagna elettorale, intervistava Roberto Benigni e il comico non risparmiava battute all'allora leader dell'opposizione. "Il contratto di Berlusconi con gli italiani? Ormai è un cult. Quella cassetta lì l'ho registrata proprio. L'ho messa tra Totò e Peppino, e Walter Chiari e Sarchiapone". O ancora: "Non voglio parlare di politica, sono qui per parlare di Berlusconi". E il commento di Berlusconi il giorno dopo fu a lettere di fuoco: ''Ieri sera è stata una cosa terribile''.
Fu una ferita profonda. "Cara Lucia penso che la mia vita si stata felice", ha scritto nel libro dedicato alla moglie Lettera d'amore a una ragazza di una volta, "ma il conto è arrivato tutto d'un colpo. Tu mi hai lasciato, Anna (la figlia ndr) è morta all'improvviso, sono stato calunniato e offeso nel mio lavoro".

Da allora il giornalista non è comparso in Rai che pochissime volte. La prima a Che tempo che fa, il 22 maggio del 2005. In diretta, con gli occhi lucidi, disse: ''Rifarei tutto come prima''. Poi il 21 ottobre come ospite a Primo piano per raccontarsi, con oltre due milioni di ascolto. Rifiutò di partecipare a Rockpolitik, dove lo aveva invitato Celentano per non tornare, scriveva, su Raiuno, la rete ancora diretta da chi lo aveva cacciato. Al suo posto una sedia vuota. Il 13 ottobre 2006, dopo quattro anni di assenza, il ritorno sull'ammiraglia, intervistato al Tg1 da David Sassoli. Poi il 10 dicembre 2006, ancora una volta da Fazio, l'annuncio del ritorno in tv con un programma dedicato agli italiani.
Da vecchio partigiano, Enzo Biagi scelse la Resistenza come tema della prima puntata di RT - Rotocalco televisivo, il programma - realizzato in coproduzione con il Tg3 - che dal 22 aprile su Raitre lo riportò sugli schermi della tv pubblica. "Buonasera, scusate se sono un po' commosso e, magari, si vede - disse aprendo la puntata -. C'è stato qualche inconveniente tecnico e l'intervallo è durato cinque anni".
E oltre alla soddisfazione del ritorno in tv, Biagi ebbe anche quello della marcia indietro, seppur parziale, di Berlusconi. "Ho assistito alla prima delle due puntate e l'ho trovata veramente avvincente, quindi complimenti al dottor Biagi per questa nuova trasmissione", - disse il Cavaliere dai microfoni di "Radio anch' io", negando, però, di aver mai chiesto la chiusura di "Sciuscià", "Il fatto" e "Satyricon". E tuttavia, per la prima volta, Berlusconi ammise un errore: "Forse ho calcato la mano quando dissi che Biagi e gli altri facevano un uso criminoso della tv pubblica".
E, come sempre, la risposta del giornalista fu di grande classe. Poche righe per ringraziare "tutti quelli che hanno apprezzato il nostro lavoro e in particolare Silvio Berlusconi per il giudizio lusinghiero espresso su RT rotocalco televisivo".

(6 novembre 2007)

05/11/07

Anche in Italia c’è il rischio di razzismo!!

Non capisco l’acidità dell’articolo di Vasile sull’Unità nei confronti della collega Spinelli ( …..da un attico di una lontana città del Nord Europa, Barbara Spinelli… ….rudezza per rudezza, vogliamo anche ricordare che una sinistra astratta e salottiera non comprese, e a volte avversò…..). Se pure ella ha usato qualche “parola di troppo” in riferimento ad un articolo scritto dall’Unità sulla tragica morte romana dei giorni scorsi (le critiche che la Spinelli rivolge al Giornale mi paiono più che vere critiche raccomandazioni), comunque subito dopo fà una attenta e compiuta analisi sul popolo Rom (perseguitato da più di un millennio), sul comportamento xenofobo e gli obblighi imposti dalla Cee e disattesi dallo stato Rumeno che personalmente condivido.

Rischi di una nuova ondata xenofoba interessano purtroppo anche il nostro paese e su questo in più articoli proprio l’Unità è tornata nei giorni successivi.

Non è possibile che seri professionisti “democratici” si scontrarsi anche su questo. Simili atteggiamenti non aiutano certo il lettore a comprendere e in simili casi l’obiettivo unico deve essere che i lettori comprendano e comprendano bene al di là dei “pruriti”.

Riporto di seguito i due articoli:

“Da La Stampa ( http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=40 ) del 04/11/07 L'Europa e il tabù dei Rom di Barbara Spinelli

La risposta delle autorità pubbliche al massacro di Giovanna Reggiani è stata ferma, netta: non c’è spazio in Italia per chi vive derubando, violando, uccidendo. C’è qualcosa di sacro nel bisogno di sicurezza sempre più acutamente sentito dagli italiani, così come c’è qualcosa di sacro nell’ospitalità, nell’apertura al diverso, nella circolazione libera dentro l’Unione. Quest’antinomia permane ma comincia a esser vissuta come un ostacolo, anziché come una convivenza di norme contrastanti (di nòmos) che vivifica l’Europa pur essendo ardua. È un’antinomia che educa a vivere con due imperativi: l’apertura delle porte ma anche la loro chiusura se necessario. Molti chiedono negli ultimi giorni di «interrompere i flussi migratori»: la collera suscitata dal crimine di Tor di Quinto ha rotto un argine, anche nel nuovo Partito democratico, e d’un tratto sembra che solo un imperativo conti: le porte chiuse. Su un quotidiano di sinistra, l’Unità, sono apparse parole strane. Si è parlato, a proposito del quartiere del delitto, di «tutta un’umanità brutta sporca e cattiva»; si è parlato di «città italiane che funzionano come miele per le mosche di uno sciame incontrollato che viene dall’Est Europa». L’umanità sporca, lo sciame di mosche: è vero, un tabù cade a sinistra e tanti se ne felicitano, constatando che finalmente il buonismo è stato smesso e che la sinistra non va più alla ricerca dei motivi sociali della delinquenza ma si concentra sulla repressione e le vittime. Gli imperativi dell’apertura s’appannano, la tensione vivificante fra norme diverse svanisce, entriamo in un mondo che promette certezze monolitiche: basta interrompere i flussi, e il male scompare. Spesso il capro espiatorio nasce così, con questa riduzione a uno del molteplice, del complesso. Spesso nascono così i pogrom, come quello scatenato venerdì sera contro i romeni nel quartiere romano di Tor Bella Monaca: dall’Ottocento hanno questo nome, in Europa, le spedizioni punitive contro i diversi. Anche le ideologie nascono così, fantasticando scorciatoie che risolvono tutto subito. Oggi è la destra a sognare utopie simili, e la sinistra riformatrice s’accoda sperando di ricavare guadagni elettorali. La distruzione dei campi rom è parte di quest’ideologia. Un’ideologia irrealistica perché l’immigrazione non sarà fermata e l’Europa ne ha bisogno. La Spagna sembra esserne consapevole e non a caso è diventata il Paese con il più alto numero di immigrati e progetti d’integrazione. La ripresa della natalità iberica è dovuta a questo. Chi parla dell’immigrazione come di male evitabile sbaglia due volte: perché non è evitabile, e perché in sé non è un male. Se non si vuole che sia un male occorre governarlo bene, il che vuol dire: non solo reprimendo, ma reinventando politiche in Italia e nell’Unione. Perché europei sono i dilemmi ed europeo sarà l’inizio della soluzione. Perché il tabù di cui tanto si discute non è quello indicato (buonismo, tolleranza). Il vero tabù, che impedisce con i suoi interdetti di vedere e dire la realtà, è un altro: è la questione Rom ed è l’inerzia con cui la si affronta nel dialogo con l’Est da dove vengono i cosiddetti nomadi. Fuggiti dall’India nell’anno 1000, giunti in Europa nel Trecento, i Rom assieme ai Sinti sono chiamati spregiativamente zingari, parlano una lingua derivata dal sanscrito, in genere sono cristiani (la parola Rom, come Adamo, significa «persona». I più vivono in Romania). Siamo in emergenza, è vero. Ma non è solo emergenza sicurezza. C’è emergenza europea sui diritti dell’uomo e delle minoranze. C’è una doppia inerzia: nelle strategie d’integrazione e nei rapporti tra Stati europei. Quest’emergenza è acuta a Est, da quando è finito il comunismo: in Romania è specialmente vistosa ma la malattia s’estende a Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Kosovo. Al concetto unificatore di classe è succeduto dopo l’89 il senso d’appartenenza alle etnie, e vecchie passioni come xenofobia e razzismo, non superate ma addormentate durante il comunismo, sono riapparse: i più invisi sono i Rom - oltre agli ungheresi che non vivono in Ungheria - e il loro migrare a Ovest è intrecciato a questa ostilità dentro i Paesi dell’Est e fra diversi emigrati dell’Est. È quello che i rappresentanti Rom in Europa denunciano ultimamente con forza (sono circa 8 milioni, su 15 nel mondo). La Romania, in particolare, è accusata di attuare un politica sistematica di espulsione di Rom, da quando è entrata nell’Unione all’inizio del 2007. Il ministro dell’Interno, Amato ha evocato a settembre un «vero e proprio esodo di nomadi dalla Romania», e di esodo in effetti si tratta: ma esodo forzato, nell’indifferenza europea. Dicono i rappresentanti Rom che i membri della comunità in Romania son cacciati dagli alloggi, dai lavori, dalle scuole, e per questo preferiscono le topaie italiane. Il ministro Ferrero, responsabile della Solidarietà sociale, dice il vero quando nega che l’esodo sia essenzialmente economico: la Romania non è più così povera, sono xenofobia e razzismo a colpire oggi i Rom. Queste cose andrebbero ricordate a Bucarest, cosa che hanno tentato di fare Amato e Ferrero in un recente incontro con il ministro romeno dell’Interno, David. Ferrero ha cercato lumi presso il Forum europeo dei Rom e tentato di mettere alle strette David. Dall’incontro è nata la convocazione di un tavolo permanente di negoziato: presto si riunirà a Bucarest. Proprio perché è nell’Unione, la Romania deve rispondere di quel che fa con i propri Rom (2 milioni, secondo stime ufficiose). Discutere di queste cose con Bucarest e altri governi dell’Est è urgente. Un patto è stato infatti rotto, che pure era assai chiaro. Ai tempi dei negoziati d’adesione, i candidati si erano impegnati a rispettare i criteri di Copenhagen, che non riguardano solo l’economia ma le «istituzioni capaci di garantire democrazia, primato del diritto, diritti dell’uomo, rispetto delle minoranze e loro protezione». Ingenti fondi son devoluti da anni a tale scopo (il programma europeo Phare, cui si aggiungono finanziamenti della Fondazione Soros, della Banca Mondiale) intesi a frenare la «discriminazione fondata sulla razza e l’origine etnica». È accaduto tuttavia che una volta entrati, numerosi governi dell’Est hanno fatto marcia indietro (il regime Kaczynski in Polonia è stato un esempio). Ed è così che si è riaccesa l’ostilità verso i Rom: questa etnia perseguitata da un millennio e decimata nei campi nazisti. Paragonarli a uno sciame di mosche non è anodino. Significa che l’Italia (per come parla o chiede azioni) comincia ad assomigliare a quegli europei dell’Est che stanno arretrando e riproponendo, ancora una volta nel continente, il dramma Rom. Certo urge controllare meglio i flussi migratori: ma non si può farlo accusando intere etnie (Rom, Romeni, Albanesi) per il delitto di alcuni. Non si può governare alcunché se non si prende distanza dalla strategia di cui Bucarest è oggi sospettata. La caduta dei tabù comporta anche il formarsi di idee completamente false. Con disinvoltura i Rom son descritti come non integrabili, nomadi, dediti al furto. I dati smentiscono queste nozioni. In Italia la comunità Rom è composta in stragrande maggioranza di sedentari, non di nomadi. E tentativi molto validi di integrazione hanno dimostrato che quest’ultima può riuscire. Ci sono iniziative della Chiesa: le ha spiegate sul Corriere don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità a Milano. E ci sono iniziative pubbliche preziose: a Pisa, Napoli, Venezia. Pisa è esemplare perché i risultati sono eccezionali: nei campi vivevano 700 Rom, dieci-dodici anni fa. Solo due bambini erano scolarizzati. Il Comune si è incaricato di trovar loro lavoro e alloggi, scegliendo un mediatore per negoziare con i vicini. Appena emancipati, i Rom uscivano dal programma d’assistenza e i fondi servivano a integrare altri loro connazionali. Nel frattempo, si spingevano le famiglie a scolarizzare i figli. In dieci anni, 670 Rom su 700 sono stati inseriti, e tutti i bambini vanno a scuola. Certo la comunità in Italia è divisa: alcuni chiedono più campi, mentre i più vogliono superarli proprio perché il nomadismo è meno diffuso di quel che si dice: il 90 per cento dei Rom (140 mila nel 2005, in parte italiani) non sono camminanti bensì - da decenni - sedentari.

Per riuscire in simili operazioni bisogna abbandonare l’utopia, privilegiando fatti ed esperienze. Ambedue confermano che l’integrazione resta indispensabile, che chiuder le porte non basta, che è necessario far luce sui pericoli che corre non solo la sicurezza ma la democrazia. Dice Franz Kafka: «Bisognerà pure che nel campo dei dormienti qualcuno attizzi il fuoco nella notte». Questo invito a far luce sui veri tabù vale per i dormienti dell’Est e per l’Europa. Vale per i Rom (il loro faro non dovrebbe esser la figura della vittima ma la donna Rom che s’è sdraiata sull’asfalto davanti a un autobus per denunciare il Rom assassino di Giovanna Reggiani) e vale per la destra come per la sinistra italiana.

Dall’Unità ( http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=70333 ) del 05/11/07 di Vincenzo Vasile

Dove guarda la Spinelli

Da un attico di una lontana città del Nord Europa, Barbara Spinelli su La Stampa accusa l’Unità di avere scritto «parole strane» sul martirio di Giovanna Reggiani. Avere scritto che nella misera baraccopoli dove è maturato il delitto si aggira «tutta un’umanità brutta sporca e cattiva» (citazione di un film di Ettore Scola che negli anni Settanta svelava senza ipocrisie la disperazione e la brutalità delle condizioni di vita in certe baraccopoli romane); avere scritto di «città italiane che funzionano come miele per le mosche di uno sciame incontrollato che viene dall’Est Europa» (immagine che ci sembrava persino tenue rispetto alla formidabile e «incontrollata» pressione di immigrati «comunitari» e anche di delinquenza che l’ingresso della Romania nella Ue da un anno a questa parte ha determinato).Come i nostri lettori ricordano, il giorno dell’assassinio di Giovanna Reggiani abbiamo voluto porre con forza la questione di misure urgenti ed efficaci per dare risposta alla stringente domanda di sicurezza della gente comune, per scongiurare il pericolo che essa venga incanalata e cavalcata da xenofobi e irresponsabili: isolare e cacciare via i violenti, per tutelare sia la popolazione in allarme, sia la parte operosa e onesta delle comunità straniere. Un modo, l’unico modo per sedare i focolai di odio e impedire che divampino. Così estrapolate, invece, le nostre due frasi conducono Spinelli a una conclusione sbalorditiva: esse rivelerebbero l’intenzione della sinistra di accodarsi alla destra razzista «sperando di ricavare guadagni elettorali», e sarebbero addirittura criminogene: «Spesso il capro espiatorio nasce così (…) spesso nascono così i pogrom, come quello scatenato venerdì sera contro i romeni di Tor Bella Monaca». Le aggressioni verbali che intanto la destra ha lanciato in questi giorni contro il governo centrale e l’amministrazione comunale di Roma, che si sono mossi sulla linea che questo giornale ha cercato di stimolare, forse basterebbero per rispondere a un processo alle intenzioni che si basa su una banalità che delude gli attenti e affezionati lettori di Barbara Spinelli: avremmo rotto, scrive, il nostro tabù «buonista». Si potrebbe aggiungere che abbiamo semplicemente scritto le cose come stanno. Attenendoci a un principio di realtà che consideriamo essenziale sia per la buona politica, sia per il buon giornalismo. E cioè, per esempio, abbiamo scritto, e ripetiamo che il particolare «privilegio» di impunità di cui godono piccoli, medi e grandi racket importati e fioriti nella disperazione delle favelas italiane ha prodotto una evidente e chiara statistica: viene proprio da quei «nuovi europei» il 75 per cento dei reati della cosiddetta microcriminalità nella capitale (e si parla solo di quelli denunciati e solo dei colpevoli identificati!). Ma, rudezza per rudezza, vogliamo anche ricordare che una sinistra astratta e salottiera non comprese, e a volte avversò, negli anni passati la battaglia che, al fianco di magistrati e poliziotti valorosi, una sinistra più concreta e un giornale poco «buonista» come l’Unità hanno condotto contro le grandi forme di criminalità organizzata. Dagli uomini e dalle donne di acuta cultura ci aspetteremmo che al cospetto dell’emergenza della violenza quotidiana non chiudessero gli occhi e non perseguissero lo stesso, identico errore.

Pubblicato il: 05.11.07”

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