14/03/11

Ancora sulla riforma della Giustizia

Leggo sul blog "Domani (http://domani.arcoiris.tv/ogni-epoca-ha-la-riforma-che-si-merita-la-riforma-alfano-merita-berlusconi/) dalla sezione "La lettera" un ottimo articolo di un Magistrato in pensione Norberto Lenzi pacato nei toni e facilmente comprensibile anche per noi non addetti ai lavori.

Ogni epoca ha la riforma che si merita, la riforma Alfano merita Berlusconi

Non stiamo certo vivendo nell’epoca del Rinascimento, tanto meno in quella dell’Illuminismo, per cui, tenuto conto della opacità e della miseria dei tempi in cui viviamo, la cosiddetta riforma della giustizia può anche definirsi epocale.
La propaganda assume toni trionfalistici e di sfida quando afferma: provate a dimostrare che questa riforma, che è necessaria per tutti i cittadini, può spiegare i suoi effetti direttamente o indirettamente sui processi di Berlusconi. Qualcuno replicherà che si tratterebbe comunque di vendetta, non ancora annoverata tra le virtù teologali, ma non è questo il punto.
Berlusconi non si impegnerebbe in una battaglia così lunga e complicata, nonostante vi sarebbe tenuto come nipotino di Gelli, se non avesse in vista un tornaconto immediato che si riflette ancora, sempre e inesorabilmente sui suoi processi. Non occorre essere osservatori attenti e smaliziati della realtà politica italiana per intuire che lo scopo di Berlusconi con questa riforma (che inasprirà lo scontro politico, che vedrà sicuramente qualche reazione scomposta dei magistrati alla provocazione) è quello di creare un clima rovente nel quale, con la maestria mediatica di cui è capace e con i mezzi che possiede, i furibondi attacchi alla magistratura ignava, capace solo di guardare dal buco della serratura, renderanno agevole far passare con legge ordinaria la prescrizione breve e la devitalizzazione delle intercettazioni, rendendo vani i prevedibilmente flebili inviti del Capo dello Stato alla concordia. (È curioso che in questo mondo supertecnologico, nel quale i buchi delle serrature non esistono più, soltanto i PM siano rimasti così arretrati da cercarne cocciutamente uno).
Sui punti toccati dalla riforma c’è già stato animato dibattito in passato ogniqualvolta questa è stata tentata o prospettata. Sinteticamente si può dire che la separazione delle carriere dei magistrati non corrisponde alla antica tecnica del divide et impera, nella quale i divisi rimanevano sì più deboli ma sempre autonomi nei confronti del divisore, ma alla più avanzata tecnica del divide et ingloba, essendo piuttosto evidente che i PM verrebbero ricondotti in qualche modo nell’orbita dell’esecutivo (forse il male minore se si pensa cosa potrebbe combinare questa monade isolata priva di controllo e di cultura della giurisdizione).
Le spudoratezze maggiori vengono consumate ai danni del CSM, descritto come organo protettore di una casta di intoccabili. È inutile segnalare i numerosi provvedimenti punitivi dei magistrati e raffrontarli con quelli che riguardano altre categorie professionali, per non parlare dei politici che non hanno mai accolto nessuna richiesta di arresto di un membro del Parlamento.
Non serve osservare che più di un terzo dei suoi componenti è di nomina politica. Eppure sarei curioso di vedere le reazioni dell’Ordine dei commercialisti o dei Consigli Forensi se venisse loro imposta la presenza di due magistrati e di due consiglieri regionali con diritto di voto. Anche in quei consessi si discute di irregolarità e di comportamenti non virtuosi così come nel CSM, ma nessun estraneo ci può mettere il naso. Sarebbe interessante un sondaggio.
Togliere poi la polizia giudiziaria dalla dipendenza funzionale dei PM significa togliere a questi la iniziativa delle indagini e consentire loro di fare solo i processi conseguenti alle denunce di una polizia dipendente dall’esecutivo. Significa cioè rendere possibile il processo a un politico solo se si trovano poliziotti-kamikaze disposti a rovinarsi la carriera.
Quanto alla responsabilità civile dei magistrati, chiesta perché “sono gli unici che quando sbagliano non pagano”, nessuno si oppone a che venga punito chi si è sottratto ai suoi doveri di correttezza e di diligenza, ma non è accettabile che vengano sbattuti in prima pagina tre o quattro comportamenti scorretti riscontrati in 50 anni tre 10.000 magistrati. E’ troppo facile, se ne possono trovare decine, ma non si può per questo delegittimare l’intera categoria.
Nessuno ha chiesto agli avvocati conto dell’arresto di Previti e nessuno ha preso provvedimenti contro la clinica S. Rita di Milano per i delitti di alcuni medici.
Ora “la quasi totalità” dei magistrati che si comportano correttamente, come dice il PDL, può essere punita per le condotte di “qualche frangia eversiva”? Sembra di sì.

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