01/03/09

Riflessioni da un fatto di cronaca

Leggo dalla repubblica:
CRONACA
[ Imperia, l'aggressione fu brutale. La vittima: "Ora costretta a barricarmi in casa" L'uomo fu arrestato in flagrante e condannato a 4 anni e 2 mesi di reclusione
Violentò una ragazza libero dopo un anno
di LUCIA MARCHIO'
IMPERIA - Era stato arrestato nel dicembre del 2007 a Imperia per lo stupro di una ragazza ventenne, colto sul fatto dai carabinieri. Oggi torna libero. Grazie all'indulto, si dice. Ma all'epoca in cui accadde la violenza quell'orribile reato non rientrava più tra quelli indultati, e dunque non è chiaro per quale cavillo giuridico o se grazie alla legge Simeoni o Gozzini venga rimesso in libertà. Però accade, gettando nello sconforto la vittima e i suoi familiari.
"E' come essere violentati una seconda volta. Non è giusto. La giustizia italiana tutela i delinquenti mentre le persone oneste devono ormai solo barricarsi in casa", dichiara la giovane. Che soffre ancora dei postumi della brutale aggressione, non solo per i dolori fisici alla schiena, al collo e al volto dovuti alle botte ricevute: "Sono i dolori dell'anima che non se ne vanno. Gli incubi notturni, la depressione, l'ansia, la paura".
Tutto accadde nella notte tra il 13 e il 14 dicembre del 2007. Era da poco passata la mezzanotte, e Claudia P., impiegata ventunenne, camminava sul lungomare Vespucci sulla via di casa, dopo una serata passata con gli amici. All'improvviso si trova di fronte Davide Buroni, un giovane ventiquattrenne di Pieve di Teco, paesino dell'entroterra imperiese, un tipo con diversi precedenti penale alle spalle: nel 2005 era stato arrestato nell'ambito di una operazione antidroga (battezzata "Filo d'Arianna") per spaccio di cocaina ed eroina; e ancora nel 2006 quando, completamente ubriaco, scaraventò a terra una donna per rapinarla.
Quella sera invece, il ragazzo aveva adocchiato Claudia. Approfittando della scarsa visibilità, cappuccio in testa, la trascina a forza dietro un cespuglio, la picchia con violenza inaudita e la costringe a subire atti sessuali. I proprietari di un chiosco ambulante poco distante, sentendo urla disperate, chiamano i carabinieri. Quando arriva la pattuglia del nucleo radiomobile della Compagnia di Imperia, il ragazzo viene preso in flagranza di reato. Lei, sotto shock, ha il volto tumefatto e insanguinato.
Buroni viene condannato dal gup Fabio Favalli a 4 anni e 2 mesi di reclusione, con il rito abbreviato che gli vale uno sconto consistente nella condanna. Dopo pochi mesi di carcere ottiene il beneficio degli arresti domiciliari con la possibilità di recarsi al Sert, visti i suoi trascorsi legati alla tossicodipendenza e all'alcol. Ma dopo poco più di un anno di reclusione torna in libertà.
(28 febbraio 2009) ]
Quella che viene qui riportata sembra proprio una storia di “malattia” e si potrebbe ipotizzare una “dipendenza da sostanze varie (alcool e droghe)” con “comportamento antisociale”.
Viene da pensare che “la legge” prima ancora dei Giudici sia carente perché si dice che “con il rito abbreviato” il soggetto ha potuto beneficiare di un “consistente sconto” di pena che la legislazione attuale evidentemente permette.
Non si capisce bene perché già dopo pochi mesi sia passato ai domiciliari.
Verosimilmente per “curarsi”? Ci si sarebbe aspettata almeno una proposta di invio in comunità terapeutica dove per l’intero tempo della condanna avrebbe potuto (lì si e davvero) curarsi o, ove non avesse accettato, sarebbe dovuto rimanere in carcere per tutto il tempo della pena già troppo lieve.
Invece no. Lo si invia al Sert come se ciò potesse rappresentare tutta la“cura”e soprattutto come se non avesse compiuto alcun reato o se il reato, per il fatto che il soggetto è malato, si cancellasse da solo.
No signori non è affatto così. Un reato è sempre reato e la malattia (che in questo caso dipende dalla condotta del soggetto e non è indipendente da lui come potrebbe esserlo una malattia psichiatrica su base eredo costituzionale) non può e non deve in alcun modo ridurre il periodo della pena che può e “deve” essere anche utilizzato per curare la malattia si ché il soggetto possa, una volta scontata la pena e dopo un sufficiente periodo di cura rientrare il più possibile a pieno titolo nella vita sociale.
Viene qui in mente (anche se gli scarsi elementi forniti nell’articolo non permettono di esprimere un attento giudizio) che Giudice di sorveglianza, Servizio sociale e Sert non abbiano svolto appieno il loro lavoro con il verosimile risultato che un soggetto “malato e antisociale” continuerà ad essere senz’altro malato e con alta probabilità ad avere ulteriori comportamenti antisociali (cioè compirà ancora reati).
Al di là di leggi e regolamenti credo che se le condotte degli operatori non si muovono entro attenti piani e protocolli “terapeutico riabilitativi” continueremo ad avere sempre più cosiddetti “criminali” in giro per le nostre strade e a nulla varranno le tante “campagne di stampa e mediatiche”.
Questa non è una condotta che nel mentre riconosce i diritti sacrosanti delle vittime (sempre più spesso dimenticati e negati ) si pone anche l’obiettivo di essere attenta ai colpevoli (al loro recupero sociale) come una società moderna e democratica richiederebbe.
Il tanto gridare “pene severe” e “processi subito” e “certezza della pena” suona sempre più come il tentativo stonato di mascherare la cruda realtà di processi, pene e certezze sempre più fumosi con un apparato di polizia e giudiziario che al di là degli alti costi paiono sempre più al collasso. Un ulteriore strumentale tentativo dei tanti politici (di destra e di sinistra per capirci) che ormai da troppi anni appaiono sempre più incapaci di comprendere le esigenze della collettività e dare le giuste risposte.
Questa pare solo “condotta omissiva”,””non curanza” in una società, quella del nostro povero paese, che “si degrada sempre più”.

OK notizie