31/01/09

La Giustizia

Io non credo che Berlusconi pensi dall’alba al tramonto ai problemi della Giustizia ma più semplicemente pensa, da buon imprenditore come è, ai tanti suoi problemi. Che poi ce ne siano anche con la Giustizia bene a doverci pensare sono i tanti avvocati al suo servizio.
E allora, mi direte, ma da dove vengono tutti questi suoi attacchi ai Magistrati e alla Magistratura?
Sono sempre i suoi avvocati che si preoccupano di consigliarlo.
E la riforma sulla Giustizia? Anche quella frutto delle splendide menti dei suoi avvocati.
Ecco il problema: gli “azzeccacarbuglia” di manzoniana memoria sono assurti oggi a “riformatori della Giustizia italiana” e ve lo immaginate voi quale interesse possano avere questi signori? Appunto come l’antenato manzoniano si preoccupano più del peso dei “capponi” che dei cittadini. Se poi aggiungiamo che sovente anche i Magistrati sono più presi da “arbitrati” e “altri lavori redditizi” (tanto il lauto compenso dello Stato già c’è) ecco che la Giustizia italiana (quella che è al 156esimo posto al mondo e che dispone del più grande numero di avvocati del pianeta) è servita per quella che è.
Che se poi qualche volta vi capita di ascoltare, magari in un’intervista in TV o sui giornali, qualche bravo magistrato (e ce ne sono comunque tanti) o qualche esperto e serio conoscitore di diritto e ce ne sono diversi (per lo più universitari ma non solo e ce ne sono persino tra gli avvocati) vi diranno che sono tutt’altre o soprattutto tante altre le cose da fare perchè la Giustizia funzioni davvero in questo Paese.
Ma allora, se il mondo politico vuole, come dichiara, una riforma della Giustizia che la ponga davvero al servizio dei cittadini, verrebbe da chiedersi: e perché il mondo politico non si serve di questi bravi esperti per fare una seria, giusta e utile riforma della Giustizia?
Semplice la risposta: i politici vogliono una Giustizia che, sì, funzioni ma non troppo da inchiodarli alle loro diciamo “responsabilità”; una Giustizia che sia forte con i deboli e i tanti disgraziati (più spesso sono i più disgraziati quelli che delinquono ma non per questo non devono esser puniti) che popolano la nostra bella Italia ma sia anche diciamo “comprensiva” con i tanti potenti e i ricchi ché se così non fosse saremmo all’anarchia…..insomma una giustizia giusta… anzi un po’… giusta, chè altrimenti diventa una giustizia “quasi komunista” e non è proprio il caso nella patria del diritto moderno ( povero Cicerone!) e….Dio ce ne liberi…! E un po’ come le tasse che i normali cittadini devono pagare ma per gli altri…e se superano una certa cifra…e..ci deve essere un limite (ma perbacco c’è!) ….e c’è il tributarista…ma l’elusione (che è evasione quasi autorizzata…)….e il condono…e i ricorsi tributari…!
E così torniamo al 156esimo posto e magari fra un po’ dopo un’ulteriore “riforma della Giustizia” saremo al 165esimo….
Viva l’Italia ….un po’ meno gli italiani (quelli qualunque s’intende!)…

aggiornamento del giorno 1 febbraio 2009: per chi avesse voglia di meglio comprendere cosa stà accadendo alla Giustizia italiana raccomando l'ottimo articolo di Giuseppe D'Avanzo sulla Repubblica ( all'indirizzo http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/politica/giustizia-9/commedia-sciocchezze/commedia-sciocchezze.html )

15/01/09

Lotta all'italiana all'assenteismo

Splendido articolo di Gian Antonio Stella sul corriere del 15 gennaio 2009
(http://www.corriere.it/politica/09_gennaio_15/gian_antonio_stella_battaglia_anti_assenteisti_024dfa3c-e2d5-11dd-abc2-00144f02aabc.shtml )
sul voto “antiassenteista” (ovvero sarebbe meglio scrivere “assenteista” perché la PDL ha votato contro) della PDL.
Da Psichiatra dovrei dire che ci troviamo di fronte ad un atteggiamento “dissociato” ma preferisco usare un termine più comprensibile ai più: parac..ismo.

Chissà cosa né penserà “l’antifannullone” italiano Onorevole Brunetta?

[Europarlamento Il Pd compatto ha dato il suo appoggio al documento
Battaglia anti-assenteisti , a Strasburgo il Pdl vota contro.
Passa la risoluzione del radicale Marco Cappato: l’attività dei politici sia resa pubblica sul web
«Basta assenteismo!», tuona da mesi la destra, nella scia del ministro Renato Brunetta. Giusto: al di là di certe forzature, è una battaglia che andava fatta. Ieri mattina però, a Strasburgo, il Pdl ha perso l’occasione per dare un segnale di coerenza. E si è schierato in massa contro una risoluzione, approvata a schiacciante maggioranza, che impegna il Parlamento europeo a mettere online le presenze degli eurodeputati per smascherare gli assenteisti.
Sono anni che sul tema della svogliatezza con cui i nostri deputati partecipano ai lavori dell’assemblea di Strasburgo si accendono improvvise fiammate polemiche. Tanto più per il contrasto abbagliante tra questa svogliatezza e le spettacolari buste paga che incassano. Basti rileggere la tabella dell’indennità di base pubblicata ne Il costo della democrazia da Cesare Salvi e Massimo Villone: un parlamentare polacco prende 28.056 euro, uno spagnolo 39.463, uno svedese 61.704, un francese 63.093, un britannico 82.380, un tedesco 84.108, un italiano 149.215. Quindici volte più di un ungherese, tre volte più di un portoghese, una volta e mezza più dell’austriaco, secondo classificato. E non basta: alla retribuzione base vanno aggiunti i benefit e le indennità di spese generali, di soggiorno, di viaggio e quelle per i portaborse che portano il totale, nel caso degli italiani, a una cifra fra i 30.000 e i 35.000 euro. Un sacco di soldi.
Il guaio è che i nostri europarlamentari non sono solo i più pagati. Sono anche, tradizionalmente, i più assenteisti di tutto il continente. Lo ricorda un’inchiesta dell’Europeo del ’93, dove si raccontava che in tutto l’anno precedente il pidiessino Achille Occhetto non aveva partecipato neppure a una seduta, il dc Antonio Jodice a 3, il Psdi Antonio Cariglia a 4, la rifondarola Dacia Valent a 7 e così via... Lo ribadiscono i reportage del Giornale del 1997 (occhiello ironico: «sulle tracce del nostri eurodeputati») o de l’Espresso del 2001: «Su 87 europarlamentari italiani, 26 hanno partecipato a meno di metà delle centouno sessioni plenarie, 15 non hanno mai preso la parola in aula, 27 hanno partecipato a meno del 20% delle sedute della propria commissione, 13 non hanno mai presentato un’interrogazione... ».
Nel 2004 l’Università tedesca di Duisburg si prese la briga di elaborare uno studio capillare sulla legislatura che si chiudeva: alle sessioni di voto la presenza italiana era stata del 56,2%, contro l’80,9 dei greci o l’82,5% dei tedeschi. Un’inchiesta delle Acli dava dati leggermente diversi, ma non meno disastrosi: ai primi posti per presenze c’erano i parlamentari finlandesi (89,5%), belgi (89,3%), olandesi (88,7%) e gli ultimi, come sempre, erano i nostri, col 68,6%: tredici punti sotto i penultimi, che risultavano francesi col 79,5%.
E adesso? Boh... Scottati dai dati che svergognavano gli eletti all’assemblea, i depositari delle informazioni sono diventati via via più avari di notizie. Al punto che quando l’eurodeputato radicale Marco Cappato, in ottobre, chiese ufficialmente di vedere le tabelle delle presenze per fare luce sulla realtà dopo mille polemiche (come quella che aveva visto Renato Brunetta, accusato da un sito Internet di essere stato lui pure un po’ discolo a Strasburgo, fare fuoco e fiamme spiegando di avere partecipato negli ultimi anni al 66,9% delle sedute) il segretario generale Harald Rømer gli rispose picche: poteva chiedere solo i dati suoi. Fine: «Non esiste alcun documento consolidato che riporti il numero totale di presenze per deputato alle diverse riunioni ufficiali» e il regolamento «non obbliga in alcun modo le Istituzioni a creare documenti per rispondere ad una richiesta».
Una risposta burocraticamente impeccabile, ma politicamente reticente. Ricevuta la quale il parlamentare, convinto che le democrazie «basate sulla preminenza del diritto sono tenute all’osservanza del principio della pubblicità», ha presentato una risoluzione per impegnare l’Europarlamento alla massima trasparenza. Quello centrale è il punto 5. Che sprona a «varare, prima delle elezioni europee del 2009, un piano d’azione speciale per assicurare sul proprio sito web, ad esempio nel quadro dell’iniziativa e-Parlamento, una maggiore e più agevole disponibilità di informazioni». Gli obiettivi nel mirino sono soprattutto due. Primo: «attività, partecipazione e presenza dei deputati europei ai lavori parlamentari in termini assoluti, relativi e percentuali, rendendo tali dati disponibili ed accessibili ai cittadini anche mediante criteri di ricerca». Secondo: «le indennità e le spese dei deputati, conformemente alla posizione assunta dal Mediatore», cioè il difensore civico europeo, «nonché tutte le dichiarazioni di interessi finanziari per tutti i deputati al PE, e tali informazioni sono rese disponibili in tutte le lingue ufficiali dell’UE ».
Bene: la risoluzione è passata. Con una maggioranza larghissima: 355 voti a favore, 195 contrari, 18 astenuti. Evviva. Ma è la lettura degli elenchi di come hanno votato questo e quel parlamentare a essere particolarmente istruttiva. Il centro- sinistra italiano, memore della legnata alle elezioni di aprile dove lasciò che il tema dei tagli ai costi della politica fosse impugnato dalla destra, è stato infatti compatto: dagli ex margheritini ai comunisti al cane sciolto Gianni Rivera. Tutti favorevoli e nessun contrario. La destra, invece, si è spaccata. E se i leghisti Erminio «Obelix» Boso e Mario Borghezio hanno votato a favore della trasparenza insieme coi «neri» Roberto Fiore e Luca Romagnoli, il «pensionato» Carlo Fatuzzo, il ciellino Mario Mauro e Jas Gawronski, i rappresentanti del Pdl si sono massicciamente trincerati sul no. Sia i forzisti berlusconiani (dall’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, da Guido Podestà a Elisabetta Gardini, da Lia Sartori fino a Beppe Gargani) sia i nazional- alleati Roberta Angelilli, Domenico Basile, Sergio Berlato, Antonio Mussa, Nello Musumeci, Salvatore Tatarella. Potete scommettere che oggi diranno in coro che no, il loro voto contro la risoluzione per la massima trasparenza non era contro la massima trasparenza e a favore del top-secret sugli assenteisti e che aveva delle serissime motivazioni e che la sinistra è stata compatta solo per motivi strumentali eccetera eccetera eccetera. Ma il punto resta: che messaggio arriva agli italiani, dopo mesi di furenti invettive contro l’assenteismo altrui?
Gian Antonio Stella
15 gennaio 2009 ]

14/01/09

Sulle spiegazioni dell’Onorevole la Russa e altro

Che nella coalizione di Governo ci sia un po’ di confusione è certamente vero se l’onorevole Ignazio La Russa si precipita a spiegare che “quanto detto da Fini sulla giustizia è in perfetta sintonia con quanto in precedenza affermato dal Premier Berlusconi”. E non si limita solo a ciò ma spiega come deve esser letto quanto dichiarato dal suo ex segretario oggi Presidente della Camera Fini. Ma siamo sicuri che c’è bisogno di spiegare quello che l’onorevole Fini ha detto? A mè sembra che Fini sia stato essenziale e molto chiaro nelle sue affermazioni e non ha certo bisogno, per esser compreso, delle spiegazioni di La Russa.
Che dire poi delle affermazioni della Moratti su Malpensa o di quelle della Lega Nord sulla tassa d’ingresso subito sbugiardate dallo stesso Premier o ancora sempre della Lega quelle su Malpensa? O di alcune affermazioni del leder dell’MPA Lombardo?.........
Non si preoccupi onorevole La Russa certo tutto ciò non è di grosso aiuto per il centrosinistra soprattutto in una così grave crisi economica. Ed è sulle risposte da dare alla crisi che il centro sinistra deve trovare il consenso popolare per imporre al Governo il percorso più giusto da seguire e per recuperare consensi.
Resta comunque il fatto che questa maggioranza comincia a scricchiolare e se scricchiola un po’, dovrebbe gioirsene onorevole La Russa perché, mi creda e lo dico nel suo interesse, non credo che questa fusione fredda dentro un PDL con un unico Padrone gioverebbe molto al futuro del suo nuovo partito così come certamente non stà giovando al futuro del Paese.
Vivaddio è acclarato che il centro destra governa il Paese (capisco che Ella può a momenti essere attraversato dall’amletico dubbio “SOGNO O SON DESTO ma si tranquillizzi è proprio desto) e lo governerà (ha legittimamente vinto le elezioni politiche) sino alla fine della Legislatura ma non stà scritto da nessuna parte che per far ciò dovete sempre fare e dire e pensare secondo gli umori del vostro Premier, che, sia ben chiaro, resta sempre il vostro Premier e nessuno vuole rubarvelo, ma forse ne guadagnerebbe Lui stesso di qualche critica e qualche distinguo almeno quando macroscopicamente, come d'altronde accade ad ogni essere umano, sbaglia.
Bhe dopo la vicenda ultima alla Camera dove Fini ha giustamente rimproverato a Vito e alla CDL di non rispettare il Parlamento chissà come si darà ancora da fare La Russa?
E che dire della Buongiorno che ha opportunamente elogiato il rispetto per le Istituzioni di Giulio Andreotti quando condannato a 24 anni per l’omicidio Pecorella ebbe a dire “ho piena fiducia nella Magistratura”? e così fù.
Ma se l’immagina la nostra brava e competente avvocatessa cosa avrebbe detto il suo attuale Presidente del Consiglio visto tutto quello che ha già fatto per sottrarsi sempre alle istituzioni che lo chiamavano a rispondere di ipotesi di reato? E cosa ne pensa?

12/01/09

Brunetta e la PA

Brunetta: "L'impiegato del catasto si vergogna di dire al figlio cosa fa"
E della Cgil dice: "E' il mio grande nemico: non ha detto un solo sì"
La replica: "E' passato dalla megalomania alla paranoia"

ROCCARASO - Nuovo attacco del ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta agli impiegati della Pubblica Amministrazione. "Il tornitore alla Ferrari ha il sorriso e la dignità di dire al figlio che cosa fa, l'impiegato al catasto no", ha detto Brunetta parlando a 'Neveazzurra', la kermesse politica invernale del Pdl.
Dunque per il ministro della Pubblica amministrazione al momento alcuni dipendenti della pubblica amministrazione (Brunetta fa l'esempio dei professori, dei burocrati, degli impiegati del catasto) "si vergognano" di dire al figlio il proprio mestiere. Il ministro ha più volte accusato gli impiegati pubblici di essere dei "fannulloni".
Il ministro ha anche annunciato che per migliorare la Pubblica amministrazione userà il bastone e la carota. La carota - ha spiegato - è quella di "dare più dignità" ai dipendenti della Pa. Per il ministro della Pubblica amministrazione "la nostra burocrazia deve essere come la Ferrari. Una rivoluzione - conclude - è possibile".
Un altro strumento per favorire l'aumento della produttività, ha detto ancora Brunetta, sarà il "sistema delle freccette", mutuato da eBay: "Chiunque di voi abbia comprato qualcosa su eBay alla fine della transazione sa che compaiono tre freccette: ovvero tu sei tenuto a dare il suo giudizio sulla transazione". Anche nella P.A. pertanto da fine gennaio "chi offe un servizio sarà giudicato e chi fruisce della transazione avrà in mano questo strumento di giudizio".
Il sistema si avvarrà anche dell'Ufficio relazioni con il pubblico, che verrà rinnovato: "A fine gennaio partirà l'esperimento della 'Linea amica'. Nella pubblica amministrazione c'è un ufficio che si chiama 'Urp', ovvero ufficio relazione con il pubblico. Ora si tratta di un localetto nascosto, ovvero ogni amministrazione che risponde ai cittadini con la bocca storta...Faremo un 'grande Urpone' unico che sarà collegato con tutti gli uffici delle amministrazioni".
L'attacco alla Cgil. Il ministro si è scagliato anche contro la Cgil: "E' il mio grande nemico. - ha dichiarato - La Cgil non ha detto un solo sì. I sindacati sono importanti, ma quando sono conservatori non servono al paese. Spero che si ravvedano".
E la replica. "Il ministro Brunetta passa dalla megalomania alla paranoia", ha replicato Carlo Podda, segretario generale della Fp-Cgil. "Il ministro - ha detto ancora Podda - resosi conto che ormai l'opinione pubblica ha smesso di abboccare agli annunci di miracolosi risparmi e recuperi di efficienza nei servizi pubblici, visto che ciascun cittadino e impresa è in grado di verificare che tutto è come prima, ha deciso di individuare 'il nemico' e manco a dirlo il nemico è chiunque osi avere un parere diverso dal suo".
(11 gennaio 2009)

All’inizio sembrava, al di là di un linguaggio diciamo un po’ colorito, che questo nostro ultimo Ministro della PA fosse davvero intenzionato a “rivoluzionare” finalmente una PA da troppi anni autoreferenziale e costosissima e questo nonostante fosse il ministro di un Governo in parte colluso con la PA (AN, MPA ) e dall’altra (Lega Nord) in forte contrasto con la stessa.
Il tempo ancora una volta ci è stato nemico e oggi Brunetta ci appare per quello che realmente è. Un gran “chiaccherone” che cerca forse col suo tanto parlare di recuperare i centimetri che gli mancano e del ministro riformatore non è rimasto più nulla.
Tutta la “dirigenza” della PA resta immutatamente ferma al suo posto.Ma avete mai visto una azienda che per rinnovarsi mandi a casa tutti i suoi dipendenti lasciando al loro posto i dirigenti? Io no.
E che fa i nostro Ministro? Si mette a dar “punizioni” e a tirate d’orecchio all’ultimo impiegatuccio…….stando ben attento a non toccare mai i dirigenti ma anzi restaurando usi e costumi della dirigenza che erano propri di un ventennio non molto lontano. Caro ministro con i Kapò non potrai mai fare una seria riforma della PA. Erano proprio i dirigenti quelli che per primi dovevano esser colpiti e dove necessario rimossi ed era a loro che andava data la piena responsabilità del lavoro che dirigono. Ci sarebbe così stato un salutare fenomeno a cascata sull’impegno e responsabilità che rappresentano comunque le basi di qualunque riorganizzazione in un ambiente di lavoro.
Ma si sa: nella PA i dirigenti nascono sotto i cavoli dei partiti e nessuno deve toccarli. Lo sanno molto bene FI ed AN e sembra che da un po’ l’abbia appreso anche la Lega (della sinistra non dico perché haimè i fatti stanno lì a confermarci lo stesso malcostume).
E allora giù a sparare grandi “ca...te” sull’”Urpone” (basta la parola come diceva un caro antico carosello) per i reclami e “dalli al fannullone” e così via e intanto tutto resta fermo come sempre e i costi della PA continuano nonostante i tanto declamati e indiscriminati tagli sbandierati dal ministro Tremonti a lievitare quasi quanto la sua cronica inefficienza.
Tanto come per la “tragicommedia italiana” dell’alitalia (l’ho scritta in piccolo perché la “nuova alitalia” è davvero piccola cosa), che ha avuto e ha anch’essa quali principali interpreti tutti i partiti (anche quelli che oggi non sono in Parlamento), a pagar conto c’è sempre Pantalone.

09/01/09

Il decoro

Il Decoro

Leggo dal corriere uno splendido articolo di Gian Antonio Stella sulla scomparsa della “pietas” nel nostro Paese sacrificata per un mondo “d’immagine” e “decoro” che tra l’altro rischia sempre più di crollarci addosso. Non dimentichiamo che durante il fascismo fù coniata l’espressione “immoralità costituzionale” per rinchiudere nei manicomi quelli che offendevano proprio il “decoro”. Comincio a pensare che - magnificamente aiutati da pessimi “rappresentanti del popolo” e da una politica che non riesce a guardare oltre la caduca apparenza del quotidiano - stiamo divenendo “sempre più cattivi”…..

[ In difesa dei clochard lasciati al gelo
Da Mestre a Genova, la linea dura con gli emarginati. Stazioni chiuse di notte, coperte negate, «bravate»
( dal corriere della sera del 9 Gennaio 2009: http://www.corriere.it/cronache/09_gennaio_09/clochard_gelo_notte_gian_antonio_stella_5e27ecd4-de1e-11dd-a05b-00144f02aabc.shtml )

«Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo», spiega Gesù nel Vangelo di Matteo. Eppure non passa giorno nel nostro (sedicente) cattolicissimo Paese senza che tanti (sedicenti) cattolici con la bocca piena di parole bellicose in nome delle tradizioni cattoliche mostrino un quotidiano disprezzo verso chi «non ha dove posare il capo». Un esempio? L'altolà della polizia ai volontari che portavano tè caldo ai clochard rifugiati nella stazione di Mestre: «Non avete l'autorizzazione».
FEROCIA BUROCRATICA - Degno cesello all'ottusa resistenza opposta dalla società Grandi Stazioni al Prefetto che in questi giorni di neve e gelo, segnati dalla morte di un clochard a Vicenza, ha dovuto fare la faccia dura per ottenere che gli androni delle due stazioni veneziane non fossero più chiusi e sbarrati dall'una di notte alle cinque di mattina. Quello della città serenissima, dove la Regione ha drasticamente tagliato negli ultimi due anni gli aiuti ai senzatetto (ai quali destina un quarto della somma stanziata per le feste di compleanno della Repubblica del Leon) è però soltanto l'ultimo di una catena di episodi che marcano una continua e progressiva indifferenza, se non proprio insofferenza, nei confronti degli «ultimi tra gli ultimi». Basti ricordare la morte di «Babu» sotto i portici del Teatro Carlo Felice di Genova dopo la sbrigativa operazione di «pulizia» (o «polizia»?) con la quale alla vigilia di Natale erano state buttate via le coperte «sporche» regalate ai senzatetto dalla Caritas. O la bravata criminale dei quattro teppisti riminesi che hanno dato fuoco a un clochard «per noia». O ancora la motivazione surreale della multa di 160 euro data a fine dicembre da certi poliziotti fiorentini a poveracci che passavano la notte all'addiaccio: «Dormiva in modo palesemente indecente».
DECORO - «Il decoro! Il decoro!». Questa è l'obiezione che si leva. La stessa che ha spinto il Comune di Verona, guidato da Flavio Tosi, a pretendere che la carta d'identità dei «barboni» venisse cambiata. Prima, alla voce «indirizzo », c'era scritto: «Via dell'Accoglienza». Un piccolo eufemismo, un po' ingenuo, per non marchiare il titolare del documento. Adesso no: «Senza indirizzo ». Per carità: ineccepibile. Però, «dietro», c'è tutta una filosofia. Sempre più tesa a tenere ben separati «noi» e «loro». Sempre più allergica a chi «rovina» l'immagine delle città. Sempre più sbuffante verso gli emarginati. Fino a spingere tempo fa l'allora sindaco di Vicenza Enrico Hullweck a vietare l'accattonaggio ai medicanti affetti da «deformità ributtanti». Una definizione che, al di là delle colpe di certi truffatori (da colpire: ovvio), suonava oscena e offensiva per ogni disabile. Eppure, quei «barboni» che oggi danno tanto fastidio a una società spesso indecente ma ringhiosa custode del feticcio della «decenza», sono una parte della nostra vita.
DA SEMPRE - Della vita religiosa, come ricorda la scena di San Francesco che dona il mantello a un povero nel ciclo di affreschi di Assisi attribuiti a Giotto. Della vita musicale, come ci rammentano le storie del suonatore di organetto che cammina scalzo nella neve, ne Il viaggio d'inverno di Franz Schubert, senza incontrare chi gli metta un centesimo nel cappello oppure della Frugola che ne Il tabarro di Giacomo Puccini, è «perennemente intenta a rovistare tra i rifiuti». Fanno parte della nostra vita letteraria, dal barbone Micawber nel David Copperfield di Charles Dickens all'Andreas Kartack de La leggenda del santo bevitore di Joseph Roth fino a Il segreto di Joe Gould, il brillante intellettuale laureato ad Harvard che aveva deciso di vivere da clochard per scoprire l'essenza dell'uomo «tra gli eccentrici, gli spostati, i tubercolotici, i falliti, le promesse mancate, le eterne nullità» e insomma tutti quelli senza casa: «gli unici tra i quali mi sono sempre sentito a casa». Per non dire del cinema, dall'irresistibile Charlot il vagabondo al tenerissimo Miracolo a Milano di Vittorio De Sica, da Archimède le clochard con Jean Gabin al Bodou salvato dalle acque di Jean Renoir fino a La ricerca della felicità, di Gabriele Muccino, benedetto da trionfali successi al botteghino. Prova provata di come in tanti riusciamo a palpitare e commuoverci e fare la lacrimuccia per le sventure di Copperfield o di Will Smith, costretto dalla corte a vivere come un barbone. E usciti dal cinema scansano l'ubriacone a terra sul marciapiede: «Dio, quanto puzza! ». Eppure, le cronache di questi anni ci hanno insegnato a conoscere un po' di più, i nostri «santi bevitori». Finiti spesso sotto i ponti, dicono i dossier, magari solo perché lo Stato, dopo aver abolito l'orrore dei manicomi, si è dimenticato di trovare delle alternative decenti per coloro che non ce la fanno ad affrontare da soli l'esistenza e non hanno una famiglia in grado di farsi carico del fardello. Oppure perché travolti da rovesci della vita. O sconvolti dal tradimento delle persone in cui credevano. O schiacciati da un dolore troppo grande.
PIRANDELLO, ODESCALCHI, BOBBO -Persone come Luigi Pirandello, che aveva capelli lunghi e barba, era omonimo dello scrittore di cui il padre era cugino, aveva studiato, parlava inglese e francese ma girava nel centro di Roma spingendo un carretto dove raccoglieva cartoni. O Filippo Odescalchi, figlio di don Alessandro Maria Baldassarre, principe del Sacro Romano Impero, discendente di papa Innocenzo XI, che abbandonò all'inizio degli Ottanta il palazzo di famiglia in piazza Santi Apostoli per andare ad abitare sotto il colonnato di Palazzo Massimo insieme con una donna e un barbone che indossava sempre il frac e il papillon, si presentava come «Ele D'Artagnan, attore cinematografico, figlio del grande Toscanini» e chiedeva a tutti un appuntamento con Federico Fellini: «Deve darmi una buona parte nel prossimo film perché poi ho deciso che mi ritiro». Persone come Eugenia Bobbo, che in gioventù era stata una bellissima ragazza di Chioggia e aveva fatto perdere la testa a un erede di José Echegaray y Eizaguirre, matematico, drammaturgo, politico, ministro spagnolo, insignito nel 1904 del Nobel per la letteratura. Rimasta vedova, si era lasciata andare. Quando morì, i giornali scrissero che «per trent'anni aveva vissuto da barbona sotto i portici di palazzo Ducale, tra una panchina di marmo e la quinta finestra al pianterreno », che «parlava quattro o cinque lingue, aveva una cultura impressionante e in trent'anni non aveva mai chiesto l'elemosina» e viveva delle premure di un po' di nobildonne, prima fra tutte la spagnola Duchessa di Alba e raccontava: «A teatro, quand'ero giovane, tutti i binocoli erano puntati su di me». Persone che, per i motivi più diversi, si lasciano alle spalle tutto. E alle quali, oltre a qualche coperta in questi giorni di gelo, una cosa almeno la dobbiamo: un po' di rispetto. Rifugio dal gelo La stazione di Mestre
Gian Antonio Stella 09 gennaio 2009 ]

01/01/09

Auguri per il nuovo anno

Auguri a tutti per un buon 2009 e.....speriamo bene per tutti.
pidario

OK notizie